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Operazione interforze: Sequestrato a soggetti in rapporti d’affari con il clan camorristico Contini un “tesoro” dal valore plurimilionario

Di Alessandro Margottini               

NAPOLI. Ha portato ad un risultato importante nella lotta contro la criminalità organizzata di stampo camorristico l’operazione interforze conclusa oggi nel capoluogo campano.

Durante l’operazione interforze

A Napoli i poliziotti della Squadra Mobile, i carabinieri del Nucleo Investigativo ed i finanzieri del Nucleo Polizia Economico Finanziaria di Napoli, unitamente a quelli del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, hanno rinvenuto e sottoposto a sequestro denaro contante per oltre 4.000.000 di euro, a cui si aggiungono numerosi preziosi, oggetti in oro, diamanti e 48 orologi di lusso il cui valore (ingentissimo e comunque non inferiore ai 5.000.000 di euro) è ancora in corso di stima.

Il sequestro in cronaca colpisce quattro soggetti accusati di aver agevolato il noto clan di camorra dei Contini, storicamente egemone sul quartiere partenopeo di San Carlo all’Arena ma che, insieme ai clan dei Licciardi e dei Mallardo, forma una confederazione criminale definita come “Alleanza di Secondigliano”.

Lo stesso sequestro è stato eseguito nel corso della perquisizione effettuata nei confronti di uno dei quattro soggetti raggiunti dal citato provvedimento, attualmente sottoposti a custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

Gli stessi sono infatti accusati dei reati di associazione mafiosa, minaccia, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, riciclaggio e autoriciclaggio (come specificato sopra aggravati proprio dall’aver favorito gli interessi criminali del clan Contini).

Da rilevare inoltre come durante la perquisizione effettuata nell’abitazione di uno degli indagati, gli operatori abbiano scoperto la presenza di un vero e proprio caveau molto ben occultato e addirittura schermato da lastre di ferro, al cui interno è stato rivenuto il suddetto “tesoro” finito sotto i sigilli dell’Autorità Giudiziaria.

Per nulla facile la localizzazione del citato caveau, resa possibile soltanto dall’utilizzo di apposite apparecchiature scanner progettate proprio per rilevare la presenza di intercapedini e nascondigli di vario genere, che possono essere celati dietro opere murarie, mobili e persino sottoterra.

Per la stessa A.G. inquirente, il proprietario del caveau avrebbe acquisto tale fortuna riciclando proventi di truffe messe a segno mediante la vendita d’orologi di lusso in società intestate a prestanome; operanti queste nei settori della gestione di rifiuti ferrosi, della telefonia e della locazione di immobili, oltre che sistematicamente dedite all’emissione come all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

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